Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali

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Popolazione ed economia

Intervista a Daniele Archibugi, economista nel gruppo di ricerca Globalizzazione ricerca e innovazione. 11 luglio 2023 (Giornata mondiale della popolazione)

Come i cambiamenti nella popolazione, in numero e età, influenzano l’economia?

L’influenza ÃĻ altissima e ancora non del tutto percepita. Stiamo ancora ragionando con vecchi paradigmi per quanto riguarda il rapporto lavoro / non lavoro, popolazione attiva / pensionati, tempo di studio / tempo di lavoro. Senza che si sia ancora capito fino in fondo che le tendenze in corso sono irreversibili e non ci troviamo ancora preparati.

Che cosa intendi?

Ad esempio, in molti paesi, lo vediamo oggi in Francia, ma anche in Italia, sembra che la questione fondamentale sia la scelta lavoro oppure pensione. Come se l’alternativa sia binaria. Nulla di piÃđ sbagliato. Lavorare a tempo pieno, sottraendo energie e risorse alla sfera privata oltre che quella sociale, ÃĻ un danno per la comunità. CosÃŽ come ÃĻ un danno far sÃŽ che improvvisamente finisca del tutto la vita lavorativa. Abbiamo bisogno invece di assecondare le tendenze demografiche facendo sÃŽ che tutte le classi di età abbiano piÃđ tempo per la vita privata e sociale. E, allo stesso tempo, fare in modo che, al raggiungimento di una certa età, l’impegno lavorativo si riduca progressivamente. È una delle peggiori malattie del capitalismo pensare che ci sia un esercito industriale da una parte ed un esercito di non lavoratori dall’altra.

Ma questo riguarda solo le persone piÃđ anziane, oppure riguarda anche i giovani?

SÃŽ, assolutamente, riguarda anche i giovani. Non ha senso che l’ingresso nel mercato del lavoro arrivi troppo tardi, come se l’educazione debba intendersi come un regno separato dal mondo della produzione. Occorre invece far si che i giovani, ancora quando frequentano le scuole superiori, diano un contributo, ovviamente limitato in termini di ore, anche al mondo del lavoro. I paesi piÃđ progrediti, penso ai paesi scandinavi, hanno da tempo previsto delle forme in cui ragazze e ragazzi possono lavorare per un numero assai ridotto di ore, ad esempio 4 o 6 ore la settimana. CiÃē consente loro di guadagnare quegli spiccioli che in latri paesi devono chiedere ai genitori. E a capire precocemente che c’ÃĻ l’educazione ma anche il lavoro

Che implicazioni tutto ciÃē avrebbe sulle istituzioni dedicate all’istruzione?
Ancora oggi pensiamo che l’istruzione e l’educazione sia una attività riservata ad alcune fasce d’età e che a 19 anni, oppure a 25 anni per chi frequenta l’università, debba finire l’istruzione. Nulla di piÃđ sbagliato. L’istruzione ÃĻ una attività che deve continuare per tutta la vita di una persona. Una delle grandi conquiste dei sindacati in Italia ÃĻ stata quella di introdurre le 150 ore, che consentono ai lavoratori di dedicare parte del proprio tempo di lavoro all’educazione e all’aggiornamento professionale.
Le attuali tendenze demografiche nei paesi occidentali, ancora piÃđ marcate in Italia, rendono tutto ciÃē obbligatorio. Con un cambiamento tecnologico rapido come quello che stiamo conoscendo in questi anni, occorre continuamente che i lavoratori, non meno dei cittadini, siano aggiornati professionalmente. L’educazione digitale, ad esempio, ÃĻ oggi una necessità per far si che tutte le fasce della popolazione, incluse le persone piÃđ anziane, possano partecipare alla vita economica, sociale, culturale e civile.

Come potrebbero le istituzioni dell’istruzione rispondere a queste sfide?

Guardiamo le scuole e le università: si stanno semplicemente spopolando per la semplice ragione che i giovani non sono nati. Le classi diventano sempre piÃđ piccole. Sono un boomer, e quando ero ragazzo le scuole facevano di tutto per spedire gli aspiranti studenti da qualche altra parte, perchÃĐ eravamo cosÃŽ tanti che dovevano fare i doppi e i tripli turni. Ovviamente, ciÃē rispondeva ad una incapacità dello stato di creare sufficienti infrastrutture in tempi utili.
Oggi succede esattamente il contrario: scuole, licei e università si stanno rubando gli studenti a vicenda, perchÃĐ gli studenti sono troppo pochi. Non bisogna essere dei geni per capire che la soluzione ÃĻ quella di offrire i sempre piÃđ necessari servizi educativi alle persone che ne hanno bisogno.

E quali sono queste persone?

In primo luogo gli adulti, che rischiano di essere marginalizzati o improduttivi perchÃĐ non sono capaci di fare delle cose che ai millennials e alla zeta-generation risultano facilissime. I nonni che hanno i nipoti sono già piÃđ fortunati, perchÃĐ possono ogni tanto barattare una torta di mele con un tutorial su come funziona whatsapp. Ma queste cose non si possono lasciare solamente nell’ambito della sfera familiare. Le scuole dovrebbero essere aperte nei pomeriggi per consentire agli adulti e agli anziani di impadronirsi di questi strumenti oramai essenziali.

In secondo luogo, ringraziamo il fatto che ci siano oggi gli immigrati. Altro che sostituzione etnica! Per fortuna che c’ÃĻ una integrazione etnica, altrimenti le nostre fabbriche, i nostri uffici, i nostri servizi sarebbero abbandonati. Ma non basta ricevere gli immigrati: bisogna anche formarli, in modo tale che sia compatibile che gli impegni professionali che hanno. I corsi pomeridiani e serali dovrebbero essere potenziati, perchÃĐ abbiamo bisogno di persone competenti che aiutino a mantenere il nostro paese in piedi.

A cura di Monia Torre

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