Il mondo della disabilità è al centro di un’evoluzione forse lenta e tardiva ma decisiva, tesa ad adattare i sistemi sociali e culturali alle persone portatrici di maggiori fragilità: in ossequio a un ineludibile principio di equità e nell’interesse dei soggetti direttamente coinvolti, ma anche per ragioni di vantaggio collettivo e generale. La disabilità, infatti, è il paradigma di una società sempre più longeva e anziana, in cui morbilità, disagi e riduzioni dell’efficienza psico-fisica investono moltissime persone, ancor più considerando quelle addette alla cura. Ridurre le barriere fisiche e culturali, rendere accessibili i luoghi reali e virtuali, facilitare l’assistenza significa quindi costruire ambienti e condizioni di vita migliori per tutti, al di là dei diversi livelli di salute.
In tale percorso, lo sport è riconosciuto come uno strumento potenziale straordinario: la pratica sportiva infatti, oltre a portare rilevanti benefici sul piano terapeutico e riabilitativo, imprime una forte spinta alla socializzazione. La notorietà acquisita da atleti e personaggi dello sport come Alex Zanardi, Bebe Vio o Giusy Versace, solo per citarne alcuni, rivela quanto le attività paralimpiche abbiano via via assunto una visibilità analoga a quella delle competizioni per normodotati, un tema ben evidenziato ne “Il Superdisabile. Analisi di uno stereotipo”, pubblicazione curata da Marco Ferrazzoli, Francesca Gorini e Francesco Pieri (edita da Lu:Ce con patrocinio di Cnr e, in seconda edizione, Rai per il sociale) che analizza la svolta in corso verso una maggiore inclusività.
Partendo da tale premessa, il presente progetto, finanziato da Procter & Gamble Italia, intende: verificare quanto la pratica sportiva sia effettivamente fruibile e fruita dai giovani portatori di disabilità, attraverso un’indagine qualitativa condotta assieme a famiglie, operatori, agenzie sociali e istituzioni; realizzare una ricerca che verifichi e illustri, con rigore scientifico unito a un taglio divulgativo e comunicativo, problematiche e criticità, divari di carattere sociale e territoriale, buone pratiche da valorizzare. Il progetto ambisce in tal senso a fungere da volano per sensibilizzare il mondo sportivo verso l’inclusione, pratica e didattica, di tutte le fisicità. Oggi non sempre le società e le strutture sono preparate e lo sport rischia di non cogliere un’opportunità, se non rivede il raggiungimento del risultato competitivo quale suo unico obiettivo. Lo sport deve sempre mettere al centro la diffusione della propria cultura e della pratica da parte delle persone con disabilità, non solo nella chiave agonistica legata alle discipline paralimpiche, ma valorizzandosi come agente catalizzatore dei processi d’inclusione e di relazione in associazioni, club, realtà territoriali, e scuole.