Informatica sociale e popolazione
Intervista ad Patrizia Grifoni, demografa nel gruppo di ricerca Informatica Sociale e Technology assessment . 11 luglio 2023 (Giornata mondiale della popolazione)
Qual ÃĻ la situazione in Italia rispetto allâimpatto delle ICT (le tecnologie della comunicazione e informazione) sulla popolazione?
Opportunità e criticità legate allâuso delle ICT sono sicuramente emerse durante il periodo pandemico. Secondo lâIstat, nel 2022 c’ÃĻ stato un aumento percentuale significativo del numero di persone (dai sei anni in su) che hanno navigato online, rispetto alle osservazioni di anni precedenti, cosÃŽ si ÃĻ registrata anche una grossa crescita delle vendite on-line. Ovviamente ÃĻ facile ricondurre questa accelerazione al periodo di isolamento. Tuttavia, sempre secondo lâIstat, nel 2021 poco meno della metà della popolazione residente in Italia ha competenze digitali almeno di base, con un divario piuttosto elevato rispetto a diversi Paesi europei.
Se ÃĻ vero che la consuetudine nellâuso delle tecnologie aiuta ad acquisire fiducia, ÃĻ fondamentale lavorare sulla consapevolezza del funzionamento di tali tecnologie e sui rischi che possono comportare.
Nel vostro gruppo di ricerca, informatica sociale e technology assessment, avete condotto alcuni studi proprio sul processo di digitalizzazione forzato dagli eventi pandemici. Cosa ÃĻ emerso?
Analizzando lâuso massivo che scuole e università hanno dovuto fare delle ICT abbiamo visto come, da una parte, questo abbia accelerato la diffusione nellâuso delle tecnologie digitali, ma dallâaltra abbia evidenziato le debolezze. Queste hanno riguardato non solo le carenze a livello di connessione in molte aree e la mancanza di dispositivi disponibili nella comunità studentesca e docente, accentuate dalle diverse condizioni economiche. à emersa soprattutto la necessità di modelli pedagogici innovativi, in grado di coinvolgere la classe anche a distanza. Quello che le esperienze successive ci hanno mostrato ÃĻ che la didattica scolastica ÃĻ difficilmente sostituibile dalla modalità online, perchÃĐ il contatto umano resta centrale, ma gli strumenti possono essere complementari e supportare apprendimento e coinvolgimento.
Un argomento di cui si parla sempre piÃđ frequentemente ÃĻ lâuso dellâintelligenza artificiale (AI)âĶ
Si, lâuso dellâAI ÃĻ quotidiano e diffuso, pensiamo agli strumenti come gli assistenti vocali, che ci aiutano a calendarizzare e organizzare le nostre attività , o agli impieghi dellâIA in medicina nella fase di diagnosi ma anche nella ricerca sulle terapie, che possono farsi sempre piÃđ personalizzate. Questo ÃĻ un campo in cui la ricerca e le stesse aziende farmaceutiche stanno investendo moltissimo e verso cui le persone nutrono una certa fiducia.
Ci sono anche gli impieghi legati alla sicurezza, sia nel settore ambientale, dove lâintelligenza artificiale puÃē aiutare a prevedere e prevenire eventi catastrofici, ma anche intesa in termini di sicurezza e controllo sociale.
Per esempio?
Sistemi di telecamere collegate a strumenti di AI permettono un controllo pervasivo degli spazi pubblici, per esempio gli aeroporti, consentendo di individuare in maniera rapida comportamenti potenzialmente a rischio. Questo avviene anche con alcuni sistemi di sicurezza degli ambienti privati, spesso utilizzati per monitorare per esempio gli anziani soli; si tratta di sistemi che allertano se intercettano una situazione di pericolo.
Quali sono le implicazioni di questo tipo di utilizzo?
Naturalmente questi impieghi pongono dei problemi etici e di privacy non banali, sullâessere costantemente monitorati e sullâuso di queste informazioni.
Come valuti il dibattito pubblico su questi temi?
Nella comunità scientifica lâattenzione a questi aspetti ÃĻ molto forte, mentre non mi sembra sia lo stesso nelle persone (general public). Prendiamo proprio ad esempio strumenti gli allarmi che si istallano in casa contro i furti. Quanto piÃđ sono controllabili a distanza tanto piÃđ ÃĻ possibile unâintrusione. Avere questa consapevolezza sarebbe importante, non per non usare questi strumenti, ma per decidere come farlo al meglio. à un poâ il discorso che si fa con i social network. Non sempre chi li usa ÃĻ consapevole di essere in un âluogoâ pubblico e questo emerge anche dai molti casi di fenomeni aggressivi che avvengono online. Lâeducazione allâuso di questi strumenti ÃĻ davvero importante.
Torniamo a quello che dicevi prima, al fatto che lâItalia ÃĻ uno degli ultimi paesi per skill digitali, che significa proprio conoscenze delle tecnologie ma anche conoscenze dei rischi. Secondo te chi ha il compito fornire questa formazione?
Scuola e università hanno sicuramente un ruolo importantissimo. E questo non solo se pensiamo alle nuove generazioni. Abbiamo già osservato in molte esperienze che mandare un messaggio a un bambino significa educarne tutta la famiglia. Anche programmi nazionali che promuovano azioni specifiche da condurre anche con il supporto di associazioni di volontariato e altri attori. sono importanti, come lo sono stati, per esempio, nella diffusione di strumenti per combattere il bullismo. Tutte queste tecnologie hanno un enorme potenzialità se utilizzate bene. Per utilizzarle bene ÃĻ necessario lavorare in maniera capillare alla diffusione di una conoscenza tanto delle tecnologie quanto dei loro impatti positivi e negativi.
Quali fenomeni ci permette di comprendere lo studio del comportamento della popolazione online?
Un po’ tutti i comportamenti sociali si riflettono online, molti studi riguardano, per esempio, i fenomeni di violenza di genere, di cyberbullismo ecc. Le Big Company l’hanno capito prima di tutti e hanno cominciato a profilarci per predire e forse anche indurre i bisogni e, quindi, organizzare il loro business plan al meglio. Alla fine ÃĻ qualcosa che hanno capito e iniziato a fare anche nella politica. Torniamo quindi al discorso della consapevolezzaâĶ
Quali sono gli equilibri pubblico/privato in questo senso?
Un aspetto interessante ÃĻ lâutilizzo che le grandi compagnie private hanno fatto o possono fare di idee e input che vengono dalle comunità online, e che possono riprendere, ingegnerizzare e rivendere. Un caso particolare ÃĻ quello dei software open, che vengono resi disponibili in maniera aperta e i cui codici sono disponibili e modificabili con il vincolo che devono essere riproposti al pubblico sempre in maniera aperta. CâÃĻ sempre il rischio che questo non accada, anche se ormai la disponibilità di strumenti open ÃĻ sempre piÃđ diffusa. CâÃĻ anche un tema di sostenibilità economica. Mentre chi lavora nel pubblico puÃē riuscire a sposare questo modello, puÃē essere piÃđ difficile per piccole compagnie che difficilmente riescono usare strategie completamente aperte, a meno che non siano pienamente inserite in un flusso di progettazione europea che richiede che venga adottato questo approccio.
Dâaltra parte, questo approccio sta davvero cambiando il mondo della ricerca, favorendo una circolazione molto piÃđ ampia di strumenti e idee.
A cura di Monia Torre
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