Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali

Articolo sugli effetti percepiti a medio termine del lavoro forzato da casa

È stata pubblicata sulla rivista Frontiers in Public Health una ricerca condotta tra il personale del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) sugli effetti percepiti a medio termine del lavoro forzato da casa (Work from Home, WFH) su vita e professione: The medium-term perceived impact of work from home on life and work domains of knowledge workers during COVID-19 pandemic: A survey at the National Research Council of Italy.

PiÃđ del 95% dei 748 rispondenti riporta che almeno un ambito della vita personale ÃĻ cambiato, percentuale che arriva al 97% per i cambiamenti percepiti in almeno un ambito della vita professionale. Si tratta di ricadute per lo piÃđ positive secondo i e le partecipanti.

L’obiettivo dello studio – condotto agli inizi del 2022 da ricercatrici e ricercatori di quattro Istituti del CNR in collaborazione con l’Università di Genova – ÃĻ stato quello di valutare in che modo i lavoratori della conoscenza abbiano vissuto le modifiche alle proprie abitudini lavorative dopo 18 mesi dall’inizio delle misure restrittive legate alla pandemia. L’indagine si inserisce nel filone delle ricerche, avviate in tutto il mondo soprattutto durante i primi lockdown, sul benessere dei lavoratori.

Quanto smart ÃĻ stato il lavoro da casa durante la pandemia?

La ricerca ÃĻ stata svolta tramite un questionario somministrato on-line. Tra le altre cose, al personale CNR ÃĻ stato chiesto di dare un punteggio da 1 (molto negativo) a 5 (molto positivo) all’impatto del lavorare da casa su diversi ambiti.

Rispetto alla vita personale, a trarre maggiore giovamento dal lavoro da casa sono stati la qualità delle relazioni interpersonali in famiglia e lo stile di vita in generale (comprese abitudini alimentari e stato di salute) con rispettivamente il 60% e il 58% di risposte “molto positivo” o “positivo”. Il lavoro da casa non sembra aver impattato invece su qualità del sonno e relazioni amicali (rispondono “nessuno” rispettivamente il 48% e il 55%). L’impatto negativo piÃđ frequente (20%) si registra invece in relazione allo stato psicologico. (I dettagli sulle risposte nella figura n.1)

Figura n.1: Le risposte relative all’impatto del lavoro da casa su cinque ambiti della vita personale.
Riportiamo le percentuali senza decimali per rendere piÃđ fruibile la lettura, la somma dei valori riportati non fa sempre 100% in virtÃđ degli arrotondamenti.

A livello professionale, i e le rispondenti hanno tratto beneficio dal lavorare da casa in particolare rispetto alla flessibilità (organizzazione dello spazio di lavoro personale e spazio di lavoro personale e gestione dell’orario di lavoro), all’assunzione di iniziative e alla qualità del lavoro. Tre ambiti in cui le percezioni positive hanno prevalso sia su quelle negative che sulla mancanza di impatto.

Gli aspetti partecipativi e relazionali sono quelli in cui prevale la percezione di assenza di impatto. Allo stesso tempo, perÃē, i rapporti con i colleghi e la partecipazione al contesto lavorativo sono quelli che sembrano aver risentito maggiormente della diversa condizione di lavoro e che hanno raccolto il maggior numero di risposte negative (27% e 25%, rispettivamente).

Figura n.2: Le risposte relative all’impatto del lavoro da casa su sette ambiti della vita professionale.
Riportiamo le percentuali senza decimali per rendere piÃđ fruibile la lettura, la somma dei valori riportati non fa sempre 100% in virtÃđ degli arrotondamenti.

Questa percezione ÃĻ stata influenzata da fattori personali e organizzativi. In particolare, il ridotto numero di giorni di lavoro in presenza e un piÃđ lungo tempo di percorrenza casa-lavoro sono associati a una percezione positiva dell’impatto del lavoro da casa sulla vita personale. Anche coloro che hanno ridotto il proprio stile di vita sedentario hanno valutato come positivo l’impatto del lavoro da casa su tutti gli ambiti della vita personale. Favoriscono, invece, una percezione negativa l’aver abbandonato i propri hobby e l’aver dovuto condividere la stanza adibita al lavoro con altri abitanti della casa.

Come sottolinea chi scrive l’articolo, i risultati ottenuti suggeriscono che misure per promuovere la salute fisica e mentale dei dipendenti, rafforzare l’inclusione e mantenere un senso di comunità sono necessarie per migliorare la salute dei lavoratori e prevenire l’isolamento percepito nelle attività di ricerca quando sia previsto il ricorso al lavoro da casa, specie laddove le politiche di conciliazione vita-lavoro siano carenti.

Leggi l’articolo completo.

A cura di Monia Torre con il contributo scientifico di Pierpaolo Mincarone.

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colorful paper cut figures of lgbt pride on grey background, lgbt concept

Discriminazioni e disuguaglianze

Tra diseguaglianze e discriminazione esiste uno stretto rapporto. Come sottolinea Therborn: “la diseguaglianza significa sempre escludere alcune persone da qualcosa. Quando non uccide letteralmente le persone o ne blocca la vita, disuguaglianza significa esclusione: escludere le persone dalle possibilità prodotte dallo sviluppo umano” ( Therborn, 2013: 21).

E l’esclusione ingiustificata ÃĻ una forma di discriminazione, la quale se esercitata sistematicamente contro minoranze conduce a vere e proprie forme di segregazione razziale. Forme particolarmente odiose di discriminazione sulla base della “razza” da parte di istituzioni e sistemi politici, economici o legali si sono registrate sia in sistemi politici formalmente democratici che in tempi relativamente recenti.

Nel Sud degli Stati Uniti, le leggi Jim Crow e la segregazione razziale legale nelle strutture pubbliche sono esistite dalla fine del XIX secolo fino agli anni Cinquanta; mentre in Sudafrica, l’abolizione delle principali leggi segregazioniste ÃĻ stata ratificata nel 1991, determinando la fine dell’apartheid.

Tuttavia, secondo alcuni autori (Bartoli, 2012), neppure le società democratiche rette da istituzioni improntate ai principi di uguaglianza e giustizia, sono esenti da forme di “razzismo sistemico” (o “democratico”), che colpiscono soprattutto alcune tipologie di persone (ad esempio immigrati, Rom o anche poveri estremi). 

Nel caso italiano, forme legali di esclusione derivano in misura significativa dal modo in cui il Paese ha affrontato il problema migratorio, riconducendolo soprattutto a problema di ordine pubblico. Tale approccio ha determinato effetti anche sulle prassi amministrative (sovente respingenti) delle amministrazioni locali in tema di registrazione anagrafica, – e di conseguenza di accesso alle prestazioni di welfare comunale – per determinate categorie di persone in condizioni di irregolarità amministrativa, perchÃĐ prive della residenza anagrafica e dunque di documento di riconoscimento.

Tale condizione caratterizza in particolare la componente di origine bosniaca della popolazione Rom (fuggita dalla guerra nei Balcani negli anni ’90), presente a Roma.

Molte famiglie sono prive di documenti (sono apolidi di fatto), e vivono da lungo tempo in campi che sono stati dichiarati in via di chiusura dall’amministrazione capitolina. I loro figli, nati e cresciuti in Italia, al compimento della maggiore età per restare nel Paese devono fare richiesta di un permesso di soggiorno. Tale richiesta, tuttavia, incontra spesso ostacoli presso gli uffici immigrazione per la mancanza del requisito della residenza anagrafica della famiglia; residenza che non viene concessa dagli uffici anagrafici se si vive in campi ufficialmente dichiarati in via di chiusura. Come sottolineano gli operatori di terzo settore che lavorano con i Rom:

“Chi non ÃĻ già uscito ma vorrebbe farlo si trova quindi impigliato in un circolo vizioso difficile da spezzare”.

È il caso di sottolineare come questa situazione abbia conseguenze paradossali: se, da un lato, esclude questa componente della popolazione presente dall’integrazione nella comunità territoriale; dall’altro, la rende permanentemente assistita, esponendo costantemente i Rom a stigma sociale.

In ogni caso, la difficoltà di regolarizzare la propria posizione anagrafica non ÃĻ solo un problema dei Rom: anche gli immigrati che per l’alto costi degli affitti si risolvono a vivere in stabili occupati non riescono a fissare la propria residenza anagrafica.

Infatti, l’articolo 5 della legge 23 maggio 2014 n. 80 – contenente “Misure urgenti per l’emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per Expo 2015” – la cosiddetta legge Lupi, impedisce alle società di servizi di attivare utenze in stabili occupati abusivamente, e dunque proibisce di fissare la residenza in quegli stabili. Di conseguenza, non consente il rilascio di documenti di identità alle persone senza dimora.

(A questo proposito, proprio per consentire alle persone in condizioni di fragilità e precarietà abitativa di poter registrare la residenza in immobili occupati, a Roma il sindaco – che, va ricordato, in quanto ufficiale di governo puÃē promuovere una regolarizzazione amministrativa in quanto ha l’obbligo della corretta tenuta dei registri anagrafici – ha di recente emanato una direttiva volta a consentire all’amministrazione di agire in deroga all’art.5 della legge Lupi. Su tale direttiva, perÃē, il prefetto di Roma ha chiesto l’istituzione di un tavolo tecnico per approfondimenti sulla sua applicazione.)

Questi casi, piÃđ che descrivere forme di “razzismo sistemico”, evidenziano i limiti della politica migratoria nazionale, fortemente condizionata dalle dichiarazioni di emergenza migratoria e dall’esigenza di controllo dei flussi di ingresso. Tale situazione ha creato un problema di implementation deficit (Macioti, Pugliese, 2005) vale a dire di scarsa implementazione delle politiche di integrazione per gli immigrati, pur formalmente previste dal testo unico sull’immigrazione. CiÃē ha fatto sÃŽ che i diritti dei migranti – come osserva Lydia Morris – “non sono piÃđ evidenti o assoluti ma sono associati strettamente con il controllo e si localizzano su un terreno sdrucciolevole soggetto a negoziazioni politiche” (cit. in Macioti Pugliese, 20053 ed.: 107). CiÃē significa – come sottolinea Pugliese – che “se viene promulgata una legge – o semplicemente emanata una circolare – piÃđ restrittiva (che rende piÃđ difficile restare in una condizione di regolarità o che semplicemente impone nuove condizioni e nuova documentazione per l’accesso a un beneficio), gli immigrati possono perdere un diritto già acquisito” (Macioti, Pugliese, 2005: 107).

Tale situazione determina, dunque, condizioni di discriminazione per quelle categorie (i migranti, ma non solo) che mal si adattano alle condizioni di meritevolezza di volta in volta fissate dai governi.

Contributo a cura di Dante Sabatino, in occasione della Giornata mondiale per l’eliminazione della discriminazione razziale 2023.

Bibliografia

C. Bartoli, Razzisti per legge. L’Italia che discrimina, Editori Laterza, Roma-Bari 2012
M. I. Macioti, E. Pugliese, L’esperienza migratoria. Immigrati e rifugiati in Italia, Editori Laterza, Roma-Bari 20053 ed.
G. Therborn, The Killing Fields of Inequality, Polity Press, Cambridge UK 2013

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Welfare e Ergonomia: call for papers

La Rivista Welfare&Ergonomia ha aperto la call for papers n.2, 2023 “Giovani Oltre gli stereotipi”.

I cambiamenti che hanno caratterizzato negli ultimi decenni le società occidentali hanno contribuito a creare un mondo in continua e rapidissima evoluzione nel quale le generazioni modificano incessantemente condizioni di vita, bisogni, motivazioni. In particolare ÃĻ stata soprattutto la popolazione giovanile a manifestare le piÃđ visibili tendenze evolutive rispetto al passato dal punto di vista demografico, economico, sociale e culturale. Nei primi tre ambiti molti sono gli studi che hanno messo in evidenza la ricaduta sulle nuove generazioni; nel quarto, ovvero quello che concerne gli aspetti culturali, le analisi si sono invece sovente fermate alla descrizione dei fenomeni, ma i tentativi di riflessione critica sulla cultura giovanile, come effetto delle trasformazioni strutturali o sociali, sono piuttosto carenti ed ÃĻ su questi ultimi aspetti che la call intende rispondere.

I potenziali autori di questo numero di Welfare e Ergonomia sono invitati a presentare entro il 12 aprile 2023 un abstract di circa 3000 caratteri.

Per maggiori informazioni:

Welfare e Ergonomia – call italiano; call English .

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gEneSys – Public event and Kick off meeting

gEneSys (Transforming Gendered Interrelations of Power and Inequalities in Transition Pathways to Sustainable Energy Systems) is a Research and Innovation project (RIA) funded under the Horizon Europe Framework Programme (Cluster 2: Culture, creativity and inclusive society).

The project aims to contribute to the construction of more equitable, just and inclusive energy systems, with a focus on gender inequalities.

Project activities will officially begin on March 7 with the kick-off meeting of project partners in Rome.

On March 8, 2023, the CNR Institute for Research on Population and Social Policies, together with project partners, is organizing a public event, open to all interested stakeholders (media, institutions, scientists, general public).

gEneSys is coordinated by the Institute for Research on Population and Social Policies – National Research Council of Italy (IRPPS-CNR), and has as partners: Venice International University (VIU), Imperial College of Science Technology and Medicine (IC), Uniwersytet Jagiellonski (UJ), National Agency for New Technologies, Energy and Sustainable Economic Development (ENEA), Fraunhofer Gesellschaft zur Forderung der Anegenwandten Forschung Ev (IAO), African Institute for Mathematical Science (AIMS), Portia GGMBH.

Read the full event program.

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Il ruolo della scienza post-normale nella società contemporanea

Che ruolo assume la scienza di fronte a fatti scientifici incerti, decisioni urgenti, una elevata posta in gioco e valori non condivisi?
Questi interrogativi saranno al centro della riflessione di studiosi e studiose nel primo incontro del progetto Officina del 2023.

L’incontro si tiene il 21 febbraio presso la facoltà di Sociologia dell’Università di Tor Vergata alle ore 11.00.
Sarà possibile seguire la diretta streaming al link bit.ly/3S52qgn.

Interverrà Silvio Funtowicz, filosofo che ha elaborato – insieme a Jerry Ravetz – il concetto di scienza post-normale, che propone un nuovo modello di indagine scientifica e di relazione scienza –società- decisori politici in situazioni caratterizzate da incertezza e urgenza.

Saranno relatrici anche: Bruna De Marchi, esperta di sociologia del rischio; Valentina Tudisca e Claudia Pennacchiotti, ricercatrici IRPPS; e Michela Mayer, dell’Italian Association for Sustainability Science.

A moderare saranno le studiose Claudia Hassan, Università degli Studi Tor Vergata e Adriana Valente, IRPPS, e l’incontro sarà preceduto dai saluti del Direttore IRPPS, Mario Paolucci e dalla Direttrice del Dipartimento SPFS, Lucia Ceci.

Scarica il programma.

Segui la diretta.

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Progetto Ar.Pa.

Tiziana Tesauro, ricercatrice dell’IRPPS a Fisciano, ha partecipato oggi alla presentazione del progetto “Ar.Pa- Arte, Partecipazione, Abitanza”, nato dalla collaborazione tra CNR-IRPPS di Fisciano, Ecosmed, il dipartimento Cospecs dell’Università di Messina e la coop. Giolli di Parma.

Con i laboratori di “teatro dell’oppresso” e “documentario partecipato”, Ar.P.A. intende proseguire e consolidare i processi di rigenerazione dello spazio urbano e di partecipazione culturale che hanno accompagnato la nascita del “Giardino delle Zagare” a Fondo Saccà, oggi sede del centro socioeducativo “Il Melograno”.

L’incontro odierno, a tu per tu con cittadini e abitanti, ÃĻ stato il primo passo per continuare a disegnare insieme lo spazio sociale attraverso l’arte e la ricerca sociale.

Qui la brochure dei laboratori.

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